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Desertificazione, secondo l'Ispra il 18% del suolo nazionale è degradato: come invertire la rotta?

30 luglio 2024

Secondo l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra),”il 17,4% della superficie nazionale risulta in stato di degrado. Secondo quanto osservato dall’Ispra il territorio italiano presenta evidenti segni di degrado che si manifestano in forme diverse, dall’erosione alla salinizzazione, dalla compattazione alla contaminazione e all’impermeabilizzazione del suolo. Ecco cosa è emerso dall’analisi Ispra e come invertire la rotta.

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Allarme desertificazione, non solo in Italia

È allarme desertificazione, non solo per il territorio italiano: a dirlo è l’Ispra in occasione della Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione lo scorso 17 giugno.

La valutazione arriva in seguito all’analisi che Ispra ha effettuato prendendo in considerazione i principali indicatori adottati dalle Nazioni Unite per il calcolo delle aree degradate, ovvero lo stato e il trend di copertura del suolo, di produttività e di contenuto di carbonio organico. Quello che emerge è che le aree interessate dalla desertificazione si distribuiscono lungo tutta la superficie nazionale manifestandosi in forme differenti sul territorio: “dall’erosione alla salinizzazione, dalla compattazione alla contaminazione e all’impermeabilizzazione” scrive l’Ispira.

Ma l’Italia non è l’unico Paese in cui occorre arginare il fenomeno: il degrado del territorio e la desertificazione stanno avanzando in tutto il mondo, aggravati dagli effetti dei cambiamenti climatici su suoli già fortemente compromessi da un utilizzo non sostenibile.

Fino al 40% del territorio mondiale è già degradato, colpendo quasi la metà dell’umanità. Eppure le soluzioni sono sul tavolo. Il ripristino del territorio fa uscire le persone dalla povertà e rafforza la resilienza ai cambiamenti climatici. È tempo di unirsi per la terra e mostrare il cartellino rosso alla perdita e al degrado della terra in tutto il mondo”, ha detto Ibrahim Thiaw, segretario esecutivo della Convenzione delle Nazioni Unite per combattere la desertificazione (UNCCD).

Quali sono le cause e i rischi della desertificazione

Molti fattori contribuiscono ad acuire la desertificazione: i cambiamenti climatici, ma anche la deforestazione e altre pratiche legate all’uso insostenibile del territorio da parte dell’agricoltura, come il pascolo eccessivo. Sempre all’agricoltura è principalmente riconducibile il degrado del suolo produttivo, che insieme alla perdita di biodiversità, alla scarsità idrica e di vegetazione ha un impatto importante sulla vita umana. Questi sono tutti driver di cambiamenti in negativo che hanno come effetto povertà, scarsità di cibo e di acqua e di problematiche sanitarie.

 

In questo modo vengono messi a rischio i servizi essenziali per la vita umana che il suolo offre, in primo luogo la produzione agricola, ma anche la capacità di contenere i corsi d’acqua e contribuire alla gestione delle risorse idriche e di conservare in maniera permanente la CO2 in eccesso.

 

Serve agire per invertire la rotta

La Convenzione delle Nazioni Unite per combattere la desertificazione (UNCCD) propone un’immagine per riassumere la situazione: ogni secondo l’equivalente di quattro campi da calcio di terreno sano viene degradato, per un totale di 100 milioni di ettari ogni anno. A livello di interventi applicabili sono già stati promossi impegni per il recupero di 1 miliardo di ettari di aree degradate entro il 2030. Tra le iniziative politiche più rilevanti, i paesi del G20 hanno dichiarato la volontà di arrivare a dimezzare le aree degradate entro il 2040.

 

Anche l’Agenda 2030 riconosce la gravità dei problemi e la necessità di agire, con l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 15.3, che chiama i Paesi ad adottare le opportune iniziative per raggiungere una situazione di neutralità del degrado del suolo attraverso la promozione di pratiche per la sua protezione e gestione sostenibile e per il recupero delle aree già degradate. Politiche di mitigazione e adattamento devono essere adottate per attenuare il rischio di desertificazione, dando priorità a misure di gestione sostenibile dell’acqua, pratiche agricole rigenerative che permettano di preservare e ripristinare gli habitat. Oggi non è una questione di scelta, ma una necessità.

Gruppo Iren, promotore di cambiamento

In merito al contrasto alla desertificazione il Gruppo Iren si impegna ogni giorno nella tutela dell’ambiente in diversi modi: promuovendo, ad esempio modelli dii economia circolare non solo nelle politiche di gestione dei rifiuti ma in tutti i suoi servizi. Gestione della risorsa idrica inclusa. Un punto cruciale per Iren, infatti, è incentivare la protezione delle risorse idriche attraverso forme non convenzionali di approvvigionamento come per esempio il recupero delle acque reflue urbane. Un bene particolarmente prezioso messo a rischio dalla costante emergenza siccità e a causa delle perdite della rete idrica nazionale. 

 

Pertanto, per gestire in modo ottimale e intelligente le risorse idriche Iren adotta la strategia circular water che si fonda sulla salvaguardia della stessa attraverso il recupero delle acque meteoriche, evitando il prelievo di nuova acqua. Nello stesso tempo, punta a rimettere in circolo l’acqua depurata attraverso le attività economiche, come ad esempio la valorizzazione dei fanghi di depurazione. È il caso del depuratore di Mancasale, il primo impianto di riuso delle acque in Emilia Romagna. L’impianto intercetta le acque di scarico del depuratore e le affina a scopo irriguo, a beneficio dell'ambiente e delle aziende agricole limitrofe. Insieme agli impianti di depurazione un ruolo importate è svolto dagli invasi che permettono di recuperare l’acqua piovana altrimenti perduta. Si tratta di strutture artificiali o naturali destinate all'accumulo e alla conservazione dell'acqua che giocano un ruolo cruciale nella gestione delle risorse idriche che, come emerge dai dati Ispra, sono sempre più scarse e quindi preziose.

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