Lo studio ha messo in evidenza come, investendo 2,6 miliardi di Euro, l’Italia potrebbe coprire fino al 66% del proprio fabbisogno nazionale di materie prime critiche, generando un valore economico di circa 1,7 miliardi di Euro l’anno attraverso il recupero dei materiali contenuti nei rifiuti elettronici.
La ricerca ha inoltre calcolato il cosiddetto “costo del non fare”: la mancata valorizzazione dei RAEE comporterebbe per il Paese una perdita equivalente di 2,6 miliardi di Euro l’anno, oltre a una crescente dipendenza dalle importazioni.
Durante la presentazione, Luca Dal Fabbro, Presidente del Gruppo Iren, ha ribadito come “la circolarità possa assumere un ruolo centrale non solo ambientale, ma anche strategico e competitivo per il sistema industriale del Paese”. Il tema delle materie prime critiche è stato così interpretato non solo come priorità ambientale, ma come leva di autonomia industriale e di sviluppo sostenibile.
La ricerca ha valorizzato anche il potenziale dell’urban mining, ossia il recupero delle materie prime seconde dai rifiuti elettronici e dai prodotti a fine vita: Iren ha illustrato i risultati raggiunti grazie agli investimenti nella filiera dei RAEE e del riciclo dei metalli preziosi, con impianti come quello di Terranuova Bracciolini oggi riferimento europeo per l’estrazione sostenibile di rame, oro, argento e palladio dalle schede elettroniche.
Un modello che integra sostenibilità ambientale e competitività economica, restituendo valore alle risorse e riducendo la dipendenza dell’Italia da materie prime strategiche provenienti dall’estero.