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U come Urban mining, come funziona il processo che estrae materie prime secondarie dai rifiuti

5 gennaio 2024

Estrarre materiali molto preziosi dai rifiuti in prospettiva circolare: a questo serve l’urban mining, il processo che ricava nuova materia dai rifiuti elettronici, rifiuti solidi urbani e altri prodotti di scarto. L'obiettivo principale è ridurre la dipendenza dalle risorse naturali e contribuire alla gestione sostenibile dei rifiuti.

 

Una mission prioritaria perché, come evidenzia il The Global E-Waste Monitor 2020, circa il 50% delle emissioni globali di gas serra e oltre il 90% della perdita di biodiversità e dello stress idrico sono dovuti ai processi di estrazione e lavorazione di materie prime: ottimizzarli, ricavando nuova materia da prodotti altrimenti destinati allo scarto, significa invertire la rotta in chiave sostenibile.

Come funziona il processo di urban mining

L'urban mining è una pratica che mira a sfruttare al massimo le risorse già presenti nei rifiuti, contribuendo a un'economia più circolare e sostenibile. Il suo processo di realizzazione coinvolge diverse fasi:

 

  • Raccolta dei rifiuti: questa fase implica la raccolta selettiva di rifiuti da diverse fonti, come rifiuti elettronici, rottami metallici, rifiuti solidi urbani, e altri materiali di scarto. Una gestione efficace della raccolta è essenziale per massimizzare il recupero di materie prime.
  • Smantellamento: dopo la raccolta, i rifiuti vengono trasportati in centri di smantellamento dove vengono disassemblati manualmente o utilizzando macchinari specializzati. Nel caso dei rifiuti elettronici, ad esempio, gli operatori separano i componenti, come schede madri, processori, chip e altri elementi.
  • Separazione dei materiali: in questa fase, i materiali estratti vengono separati in base alle loro proprietà fisiche e chimiche. Ad esempio, i metalli possono essere separati mediante tecniche come la separazione magnetica o la flottazione. Questo processo è fondamentale per ottenere materie prime di alta qualità.
  • Trattamento e raffinazione: i materiali separati vengono quindi sottoposti a trattamenti chimici e fisici per rimuovere impurità e contaminanti. Questa fase è importante per garantire che le materie prime secondarie siano adatte per l'uso industriale.
  • Riutilizzo e riciclo: una volta trattati, i materiali estratti possono essere riutilizzati nella produzione di nuovi prodotti o riciclati per creare materiali di consumo. Ad esempio, i metalli recuperati possono essere fusi e utilizzati per la produzione di nuovi componenti elettronici.

I vantaggi dell’urban mining: risparmio di risorse e impatto ambientale

I benefici dell’urban mining sono molteplici, sia dal punto di vista ambientale che economico. Recuperare materiali preziosi da rifiuti elettronici, veicoli a fine vita e infrastrutture obsolete significa ridurre drasticamente il ricorso all’estrazione mineraria tradizionale, una delle attività più impattanti in termini di consumo di suolo, acqua ed emissioni di CO₂.

 

Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente, l’estrazione e la lavorazione delle risorse primarie sono responsabili di oltre il 90% della perdita di biodiversità e del 50% delle emissioni globali di gas serra. A questo si aggiunge un altro dato chiave: l’International Resource Panel delle Nazioni Unite stima che il valore complessivo dei materiali contenuti nei rifiuti elettronici prodotti nel mondo ogni anno superi i 57 miliardi di dollari. In quest’ottica, l’urban mining si configura come un’opportunità strategica non solo per ridurre l’impatto ambientale dei processi produttivi, ma anche per rendere le città veri e propri hub di risorse, capaci di alimentare un’economia circolare efficiente, resiliente e autonoma.

Urban mining e sovranità delle risorse: una strategia per l’indipendenza industriale

In un contesto globale segnato da forti tensioni geopolitiche e da una crescente domanda di materie prime critiche – come litio, cobalto, terre rare e rame – l’urban mining si rivela un alleato chiave per la sicurezza dell’approvvigionamento. L’Unione Europea importa oggi il 98% delle terre rare dalla Cina, il 68% del cobalto dalla Repubblica Democratica del Congo e il 71% del litio dal Cile, come evidenziato dal Critical Raw Materials Act della Commissione Europea. Questa dipendenza mette a rischio la transizione ecologica e digitale, rendendo vulnerabili interi settori industriali strategici, dall’automotive all’energia rinnovabile. Secondo lo stesso documento, il riciclo urbano potrebbe coprire fino al 20% del fabbisogno europeo di materiali critici entro il 2030, riducendo la pressione sulle importazioni e stimolando la nascita di una filiera locale del recupero ad alto valore tecnologico. In questa direzione si muove anche il position paper “Materie prime critiche e produzioni industriali italiane”, realizzato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con Iren, che sottolinea l’urgenza di creare almeno sette nuovi impianti dedicati al trattamento di rifiuti contenenti materie prime critiche in Italia, con un investimento stimato in oltre 330 milioni di euro. Investire sull’urban mining, dunque, significa anche rafforzare la sovranità industriale, diminuire la dipendenza da fornitori esteri e creare nuovi posti di lavoro green in ambito urbano, promuovendo una riconversione ecologica dell’economia capace di generare valore a lungo termine.

rifiuti

Raee, una miniera di “metalli preziosi”

I rifiuti elettronici sono una “miniera” di metalli preziosi: rame, argento, oro e platino si possono ricavare dai nostri smartphone. Come riporta il The Global E-Waste Monitor 2020, da una tonnellata di schede elettroniche si possono ricavare più di 2 quintali di rame, più di 46 Kg di ferro, quasi 28 di stagno e alluminio e 18 di piombo. Oltre a quantità minori di argento, platino e palladio. 

 

Negli impianti Iren di Bracciolini e Volpiano si recuperano materie prime seconde dai RAEE: l’impianto Iren di Volpiano, anche definito Impianto Trattamento Beni Durevoli, ogni anno è capace di provvedere al trattamento di 22.000 tonnellate di RAEE. 

Gestito dalla società controllata del Gruppo Iren, Amiat, usa tecniche avanzate e intelligenza artificiale per ricavare nuovo rame, ferro, alluminio, plastiche, vetro, legno, schede e componenti elettroniche. Nel comune di Terranuova Bracciolini, in Toscana, è nato invece Valdarno Ambiente, il primo distretto di economia circolare del Valdarno. Il progetto ha previsto la costruzione di un sistema integrato di diversi impianti in grado di gestire il recupero dei rifiuti sia per ottenere nuova materia che per produrre energia pulita.

 

Due scenari distinti che guardano allo stesso obiettivo: costruire il domani sostenibile, recuperando virtuose materie prime seconde dagli scarti.

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