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Etichetta energetica per smartphone e tablet: cos’è, come funziona e perché riduce le emissioni

10 luglio 2025
  • Smartphone e tablet avranno un’etichetta energetica UE simile a quella degli elettrodomestici, con indicazioni su efficienza, durata della batteria, riparabilità, resistenza e impatto ambientale, per guidare scelte d’acquisto più sostenibili.

  • L’etichetta includerà indicatori chiave (classe energetica, cicli di ricarica, indice di riparabilità, protezione da urti e liquidi) e obbligherà i produttori a fornire aggiornamenti software e pezzi di ricambio per almeno 5 anni.

  • La misura punta a ridurre i rifiuti elettronici, allungare la vita utile dei dispositivi e tagliare emissioni e consumi, generando entro il 2030 risparmi per 20 miliardi di euro nell’UE.

  • Iren contribuisce alla filiera sostenibile con impianti innovativi per il trattamento RAEE a Volpiano e il recupero di metalli preziosi in Valdarno, promuovendo un’elettronica più circolare e responsabile.

Consumi energetici, durata della batteria, riparabilità: sono solo alcuni dei criteri che presto accompagneranno l’acquisto di smartphone e tablet, grazie all’introduzione dell’etichetta energetica anche per questi dispositivi. Una misura approvata a giugno 2025 - regolamento UE 2023/1669 - dal Parlamento europeo che punta a ridurre l’impatto ambientale dell’elettronica e che segna un passo decisivo verso la sostenibilità digitale e un’economia circolare più inclusiva e trasparente.

 

L’elettronica di consumo – smartphone, tablet, computer – contribuisce alle emissioni globali di gas serra e rappresenta una percentuale in crescita, considerando l’obsolescenza programmata, l’uso sempre più massiccio di risorse e la scarsa riparabilità dei dispositivi.

 

Per rispondere a queste criticità, l’etichetta energetica punta a diventare un alleato fondamentale per i consumatori: uno strumento che informa e orienta le scelte d’acquisto, premiando i prodotti più efficienti, duraturi e sostenibili. Un cambiamento che intreccia sostenibilità digitale, responsabilità condivisa e cultura del riuso.

Persona con guanti gialli che tiene tre smartphone usati davanti a un cumulo di dispositivi elettronici dismessi

Come funziona la nuova etichetta energetica

Per comprendere meglio questa nuova etichetta energetica bisogna fare un passo indietro e spiegare cosa sono le etichette energetiche. Le etichette energetiche sono classificazioni cromatiche - semplici da interpretare - che indicano l’efficienza energetica dei prodotti. Consentono ai consumatori di compiere scelte informate fornendo informazioni non soltanto sull'efficienza energetica, ma anche su altre caratteristiche dei prodotti, come le emissioni sonore, il consumo di acqua, la resistenza alle cadute o all'acqua, la possibilità di essere riparati e la durata della batteria.

Le etichette energetiche classificano i prodotti secondo una scala che va dalla classe A (verde scuro), per quelli più efficienti sotto il profilo energetico, alla classe G (rosso), per quelli meno efficienti.

Dal 2021 questa scala si applica alle seguenti categorie di prodotti: frigoriferi per uso domestico/alberghiero, frigoriferi per uso commerciale, lavastoviglie, lavatrici, televisori, schermi e display, lampade e lampadine.

 

Anche smartphone e tablet - analogamente a quanto già avviene per gli elettrodomestici - verranno classificati con lettere (da A a G, dove A è il massimo dell’efficienza) e colori, così da rendere le informazioni leggibili a colpo d’occhio. Inoltre, l’etichetta includerà una serie di indicatori chiave: dall’efficienza energetica alla durata della batteria, dalla riparabilità alla capacità di resistere alle cadute fino agli aggiornamenti software. In questo modo, l’utente sarà in grado di capire immediatamente se uno smartphone consuma meno energia, se potrà essere riparato facilmente o se avrà una batteria longeva.

 

Andando ad analizzare nel dettaglio, l’etichetta energetica dei dispositivi mobili sarà composta da una serie di indicatori pensati per offrire una panoramica chiara e completa sulle prestazioni tecniche e ambientali di ogni modello. Al primo sguardo, oltre al marchio e al codice identificativo del prodotto, elementi essenziali per tracciabilità e riconoscibilità, spiccherà la classe di efficienza energetica, ossia la scala cromatica e alfabetica.

Subito sotto, l’etichetta riporterà la durata della batteria in condizioni di uso intensivo, espressa in ore e minuti: questo consente di capire immediatamente quanto un dispositivo potrà effettivamente durare durante l’uso quotidiano, al di là delle promesse commerciali. Un altro indicatore fondamentale riguarda la durata della batteria in termini di cicli di ricarica: l’etichetta specificherà il numero di cicli completi prima che la capacità si riduca all’80% di quella originale. Il minimo richiesto è di 800 cicli per gli smartphone, ma alcuni modelli più avanzati potrebbero arrivare a superare i 1.000 cicli.

 

Tra gli altri parametri visibili, spiccherà anche la classe di resistenza agli urti, che valuta la robustezza fisica dei dispositivi. Uno degli elementi più rilevanti, però, è l’indice di riparabilità, espresso con un punteggio da 0 a 10. Questo valore deriva da sei fattori ponderati: semplicità di smontaggio, tipologia dei fissaggi, strumenti richiesti, disponibilità di pezzi di ricambio, durata minima del supporto software, accessibilità delle guide di riparazione. Inoltre, la normativa penalizza i produttori che inseriscono blocchi software in grado di ostacolare la sostituzione delle componenti. L’obiettivo è rendere ogni dispositivo riparabile anche al di fuori dei circuiti ufficiali, favorendo il riutilizzo e riducendo la produzione di rifiuti elettronici. Completa il quadro l’indicazione del grado di protezione da polvere e liquidi: la certificazione sarà valida solo se ottenuta senza l’uso di custodie protettive. Ogni etichetta includerà inoltre un codice QR, che rimanderà a un database europeo contenente tutte le informazioni tecniche, i risultati dei test, la documentazione completa del modello e i riferimenti normativi.

 

Oltre alla parte visibile al consumatore, l’introduzione dell’etichetta comporta obblighi vincolanti per i produttori: dovranno garantire la fornitura di pezzi di ricambio e aggiornamenti software gratuiti per almeno cinque anni. I test tecnici dovranno seguire protocolli standardizzati, e sarà vietata qualsiasi modifica software durante le prove di laboratorio. La verifica dell’attuazione sarà responsabilità degli Stati membri, ma in Italia non è stato ancora designato ufficialmente l’ente incaricato del controllo.

 

Secondo i calcoli dell’Unione Europea questa nuova normativa porterà a un risparmio di circa 20 miliardi di euro da qui al 2030 (-24% rispetto allo scenario base) principalmente grazie alla maggiore longevità dei dispositivi che allungherà i tempi di acquisto di un nuovo smartphone. Nello stesso periodo di riferimento sono previsti costi di riparazione maggiori (800 milioni di euro) e tagli sulle bollette per la ricarica (-600 milioni di euro).

Tre mani che alzano rispettivamente un cavo, un groviglio di fili e una scheda madre su sfondo azzurro

Recupero RAEE, la seconda vita dei rifiuti elettronici

La quantità di apparecchiature elettriche ed elettroniche immesse sul mercato nell'Ue è aumentata da 7,6 milioni di tonnellate nel 2012 a 13,5 milioni di tonnellate nel 2021. Mentre il totale di apparecchiature elettriche ed elettroniche raccolte è salita da 3,0 milioni di tonnellate nel 2012 a 4,9 milioni di tonnellate nel 2021.

Le politiche di riciclo variano da un paese all’altro all'interno dell’Unione Europea. Nel 2021, l'Austria si è contraddistinta come il paese dell'UE con la media più elevata nella raccolta di rifiuti elettronici, registrando 15,46 kg per abitante. 

Nel 2021 in media sono stati raccolti 11kg di rifiuti elettrici ed elettronici per abitante nell’Ue. Ma non basta usare meglio: è fondamentale anche recuperare ciò che scartiamo.

 

Riciclare correttamente i RAEE  (Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) permette di usufruire di tutti i loro benefici “nascosti”: questa particolare tipologia di rifiuti, infatti, contiene materiale prezioso poiché le apparecchiature elettriche ed elettroniche sono costituite da rame, alluminio, oro e argento. A testimoniarlo è quello che accade in Valdarno, dove il Gruppo Iren ha realizzato il primo impianto italiano per il recupero di metalli preziosi dai RAEE tramite un processo innovativo di idrometallurgia. Si tratta di una tecnologia a basso impatto ambientale che consente di estrarre oro, argento, rame e altri materiali strategici dai dispositivi elettronici a fine vita.

Taglio del nastro per l'inaugurazione di un impianto industriale con rappresentanti istituzionali e aziendali

Un altro esempio è l’impianto Iren di Volpiano - denominato Impianto Trattamento Beni Durevoli - sorge nel torinese e rappresenta un esempio di innovazione ed efficacia nell’ambito del trattamento RAEE. Questo impianto è attrezzato sia per la raccolta dei rifiuti domestici collettati presso le varie isole ecologiche, sia per svolgere il medesimo servizio presso aziende e attività industriali in genere. La cifra innovativa di questo impianto sta nella sperimentazione avviata nel 2020 nell’ambito del trattamento dei rifiuti e, in particolare, di TV e monitor di tipo Flat Panel Display (FPD), ossia apparecchiature a schermo piatto. Il progetto prevede l’introduzione di una linea robotica semi-automatizzata che farà uso di sistemi di intelligenza artificiale.

Promuovere un’elettronica più sostenibile significa anche chiudere il cerchio: progettare dispositivi durevoli e recuperare materiali preziosi quando non servono più. L’etichetta energetica per smartphone e tablet non è solo una misura tecnica, ma una leva culturale. Ci invita a ripensare il nostro rapporto con la tecnologia, a vedere ogni acquisto come un atto responsabile, ogni rifiuto come una risorsa potenziale.

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