Green

Riutilizzo, l'azione strategica per ottenere l'autonomia sulle materie prime critiche: ecco perché

18 settembre 2025
  • L’economia circolare, fondata su riuso, riciclo, recupero e riduzione degli sprechi, è la strategia chiave per garantire l’autonomia europea nelle materie prime critiche, riducendo la dipendenza da Paesi terzi e i rischi geopolitici ed economici.

  • Il Critical Raw Materials Act e gli studi del Joint Research Center e di Ambrosetti-Iren evidenziano l’urgenza di potenziare la filiera del recupero, valorizzando le materie prime seconde e promuovendo tecnologie alternative e modelli di business orientati al riutilizzo.

  • In Italia, sarà necessario costruire almeno 7 nuovi impianti da qui al 2040 per far fronte all’aumento dei RAEE; il progetto RigeneRare di Iren rappresenta un hub strategico per innovare il riciclo dei materiali rari e rafforzare la sicurezza industriale nazionale.

La regola delle 4R: riduci, riusa, ricicla e recupera che riassume i principi dell’economia circolare, si adatta anche a quella che secondo l’Unione europea è la strategia efficace per arrivare all’autonomia strategica nelle materie prime critiche. Ad affermarlo è una ricerca del Joint Research Center (JRC), il centro studi della Commissione europea, in cui gli autori valutano il rischio di approvvigionamento delle materie prime critiche, immaginando i possibili scenari futuri fino al 2050 nella domanda di questi materiali all’interno dell’Unione europea, concentrandosi sulla ricerca e sviluppo attualmente portata avanti a livello europeo nelle tecnologie strategiche. La conclusione è chiara: senza un cambio di paradigma, la domanda di questi materiali crescerà in modo insostenibile, accentuando la fragilità del sistema europeo. La risposta, secondo i ricercatori, risiede nell’economia circolare. Ridurre i consumi, allungare la vita dei prodotti, riciclare e soprattutto riutilizzare i materiali già immessi sul mercato sono azioni strategiche che possono trasformarsi in veri strumenti di autonomia.

Commissario europeo interviene alla conferenza stampa su materie prime critiche e competitività dell'UE.

Dal litio al riutilizzo, ecco il cambio di paradigma

La transizione ecologica e digitale, con lo sviluppo delle energie rinnovabili, della mobilità elettrica e dell’innovazione tecnologica, si fonda su un presupposto essenziale: la disponibilità costante di materie prime critiche, i cosiddetti Critical Raw Materials.

 

Litio, cobalto, nichel, terre rare, platino e molti altri elementi rappresentano la spina dorsale di batterie, pannelli fotovoltaici, turbine eoliche, semiconduttori e sistemi elettronici avanzati. Eppure, la loro estrazione e lavorazione sono concentrate in poche aree del mondo, rendendo l’Unione europea estremamente dipendente da Paesi terzi e vulnerabile a tensioni geopolitiche, speculazioni sui mercati e vincoli ambientali.

Già nel maggio 2024 con l’entrata in vigore del Critical Raw Materials Act, l’Unione europea ha scelto di puntare su un approvvigionamento più sicuro e sostenibile delle materie prime critiche. Il regolamento prevede l’aumento delle attività di estrazione, trasformazione e riciclo all’interno dei confini comunitari, insieme a una maggiore diversificazione delle fonti estere da cui le materie prime critiche vengono importate. A questa strategia si affianca il contributo del Joint Research Center (JRC), che invita Bruxelles a correggere alcune lacune delle politiche attuali. Due, in particolare, le criticità evidenziate. La prima riguarda l’attenzione quasi esclusiva dedicata alle batterie agli ioni di litio, una scelta che rischia di trascurare tecnologie alternative nel settore degli accumulatori e di aumentare la dipendenza da una sola filiera. La seconda, ancora più rilevante, è l’assenza di una vera economia circolare: troppo spesso il dibattito si concentra solo sul riciclo, mentre sarebbe necessario incoraggiare modelli di business orientati al riutilizzo dei materiali, alla riduzione dei consumi e alla prevenzione dei rifiuti.

 

Se le risorse restano all’interno del ciclo produttivo, la dipendenza dalle importazioni diminuisce e il rischio di interruzioni nelle forniture si riduce sensibilmente. In parallelo, il recupero di materie prime critiche contribuisce anche alla decarbonizzazione, abbattendo le emissioni connesse ai processi produttivi tradizionali. Infine, promuovere soluzioni circolari dal lato della domanda, quindi coinvolgendo direttamente i consumatori, potrebbe rappresentare per l’Europa un vantaggio competitivo rispetto a Stati Uniti e Cina.

Primo piano di un microchip appoggiato su una tavola periodica con evidenziati elementi chimici critici come silicio, gallio e litio.

Gli studi Iren-Ambrosetti per capire il ruolo delle materie prime critiche

Anche in Italia la riflessione è in corso. The European House – Ambrosetti, in collaborazione con il Gruppo Iren, ha realizzato degli studi chiave sul tema delle materie prime critiche. Uno di questi è il position paper “Materie prime critiche e produzioni industriali italiane. Le opportunità derivanti dall’economia circolare”.

 

Lo studio ha analizzato il valore delle materie prime critiche nelle produzioni industriali green e ha approfondito le opportunità che l’economia circolare può offrire. Sono stati delineati dieci messaggi chiave indispensabili per il recupero delle materie prime critiche.

Partendo dal riconoscimento delle materie prime critiche come materiali di strategica importanza economica si passa poi a definire il ruolo centrale della Cina. La leadership di questo Paese sulle materie prime critiche non si basa solamente sulla produzione domestica e sull’estrazione, ma riveste una posizione fondamentale anche nella raffinazione dei metalli e sugli investimenti in giacimenti minerari in Paesi terzi. 

 

Viene anche sottolineato che a un crescente fabbisogno italiano dalle materie prime critiche si deve rispondere con strategie per ridurre la dipendenza da altri Paesi e fornitori.

 

Per potenziare l’autonomia strategica italiana sarà necessario un incremento della dotazione impiantistica: The European House - Ambrosetti ha stimato che in Italia saranno necessari 7 impianti per riciclare correttamente il quantitativo crescente di rifiuti da qui al 2040.

 

Uno studio più recente - anche questo commissionato da Iren e sviluppato dal gruppo TEHA (The European House Ambrosetti) - è stato presentato durante l’evento “La road map italiana per le materie prime critiche”. Il rapporto mostra la possibilità di ridurre del 30% la dipendenza dalle importazioni di materie prime strategiche, generando al contempo per la filiera un valore aggiunto di oltre 6 miliardi di euro entro il 2040.

 

Il rapporto, in particolare, individua quattro strategie operative per incrementare la competitività del settore: esplorazione mineraria, partnership internazionali, sviluppo della raffinazione e trattamento, e infine, il recupero dei materiali e l’utilizzo delle materie prime seconde nelle produzioni industriali. Bisogna valorizzare l’economia circolare e migliorare il recupero dei rifiuti elettronici come chiave per accelerare l’autonomia del nostro Paese nell’ambito delle materie prime.

 

Complessivamente questi studi sottolineano come un modello di economia circolare applicato alle materie prime critiche possa rappresentare una risposta concreta alle sfide della transizione ecologica.

RigeneRare: l’hub di Iren per l'economia circolare

Nonostante il ruolo di primo piano che l’economia circolare riveste nel recupero delle materie prime critiche, come dimostrano gli studi, attualmente il 70% dei Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE) non viene gestito correttamente per la scarsa presenza di centri di raccolta fruibili e a causa della ridotta consapevolezza dei cittadini. Altro propulsore di sviluppo per l’economia circolare è l’utilizzo delle materie prime seconde nelle produzioni industriali.

 

Per accelerare l’innovazione nel settore del riciclo e del recupero delle risorse critiche, Iren ha lanciato RigeneRare, un osservatorio strategico dedicato alla ricerca e allo sviluppo di nuove tecnologie per la rigenerazione delle materie prime rare e strategiche. L’obiettivo è costruire una filiera nazionale resiliente, riducendo la dipendenza dall’importazione di materiali essenziali per la transizione ecologica - come le terre rare e i metalli utilizzati nelle batterie e nei dispositivi elettronici - e favorire un approvvigionamento sicuro, diversificato e sostenibile.

 

Il valore del riutilizzo sta proprio nella sua capacità di produrre effetti rapidi e tangibili. A differenza dell’estrazione mineraria, che richiede tempi lunghi, ingenti investimenti e spesso comporta forti impatti ambientali, il riutilizzo e il riciclo possono essere potenziati in tempi brevi attraverso infrastrutture già esistenti e innovazioni tecnologiche. Inoltre, riducono la pressione sugli ecosistemi, creano filiere industriali locali e rafforzano la sicurezza economica dell’Unione.

 

I vantaggi principali possono essere riassunti in tre punti:

 

  • minore esposizione a crisi geopolitiche e oscillazioni di mercato grazie a una maggiore autonomia;
  • benefici ambientali, con riduzione di estrazione, consumo di acqua, emissioni e rifiuti;
  • sviluppo economico interno, con nuove filiere, posti di lavoro qualificati e maggiore competitività.

Il valore del riutilizzo

Naturalmente, le sfide non mancano. Occorre migliorare le tecnologie di recupero per garantire che i materiali riciclati raggiungano gli standard qualitativi richiesti dall’industria, ampliare la rete di raccolta e trattamento dei rifiuti elettronici, accelerare la costruzione di nuovi impianti e semplificare le procedure autorizzative. Serve inoltre un forte investimento in ricerca e innovazione, insieme a una maggiore consapevolezza dei cittadini, perché senza una raccolta efficace di apparecchiature a fine vita e senza un design dei prodotti orientato alla riparabilità e al riciclo, il potenziale dell’economia circolare rischia di restare inespresso.

 

In definitiva, il riutilizzo non è soltanto una pratica virtuosa per ridurre sprechi e inquinamento: è un tassello strategico per rafforzare la sovranità economica e tecnologica dell’Europa. È la chiave per trasformare una fragilità in opportunità, costruendo un modello produttivo capace di conciliare sicurezza degli approvvigionamenti, sostenibilità ambientale e crescita economica.

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