Innovazione

Dal Piano Mattei all’urban mining: le nuove rotte italiane delle materie prime critiche

7 novembre 2025
 
  • Le materie prime critiche sono il nuovo motore della transizione ecologica e dell’innovazione tecnologica ma la loro concentrazione in pochi Paesi espone l’Europa e l’Italia a gravi rischi di dipendenza geopolitica e industriale.
 
  • Il Rapporto Strategico “La geopolitica delle Materie Prime Critiche: le opportunità del Piano Mattei e dell’urban mining per la competitività industriale in Italia”, presentato a Ecomondo, evidenzia l’urgenza di investire su due direttrici complementari: il rafforzamento delle alleanze internazionali, come quelle previste dal Piano Mattei, e lo sviluppo dell’urban mining per recuperare materiali dai rifiuti elettronici.
 
  • L’Italia è il Paese europeo più esposto alla carenza di materie prime critiche, con oltre 675 miliardi di euro di PIL legati a filiere che ne dipendono. Proprio per questo, il potenziale del riciclo dei RAEE e delle materie prime seconde diventa un asset industriale strategico.
     

  • L’economia circolare rappresenta un’occasione concreta per ridurre la dipendenza da forniture esterne, aumentare la competitività del sistema Paese e trasformare la sfida ambientale in un’opportunità di crescita e innovazione sostenibile.

 

Nel pieno della transizione energetica, le materie prime critiche (MPC) sono diventate la nuova frontiera della competitività industriale. Le materie prime critiche sono fondamentali: utilissime per la transizione ecologica e necessarie per l’innovazione tecnologica. Elementi come litio, rame, cobalto e grafite costituiscono la base tecnologica della transizione verde e digitale, alimentando filiere strategiche come la mobilità elettrica, le energie rinnovabili e l’intelligenza artificiale. La lista aggiornata della Commissione europea conta 34 materie prime critiche, a fronte delle 14 della prima lista del 2011. Ma la loro disponibilità è sempre più concentrata nelle mani di pochi Paesi, esponendo l’Europa a una dipendenza strutturale che mette a rischio sicurezza, sviluppo e competitività industriale.

Il problema principale riguarda l’approvvigionamento: la Cina fornisce il 56% di tutte le materie prime critiche importate dall’Unione Europea.

 

È in questo scenario che si inserisce il Rapporto Strategico “La geopolitica delle Materie Prime Critiche: le opportunità del Piano Mattei e dell’urban mining per la competitività industriale in Italia”, presentato da Iren presso la fiera Ecomondo di Rimini e realizzato da TEHA Group.

 

Il documento fotografa un panorama globale dominato da una domanda in crescita (+11% dal 2021 e +34% previsto entro il 2030) e da catene di approvvigionamento sempre più concentrate: i tre principali Paesi raffinatori detengono oggi l’86% del mercato mondiale (contro l’82% nel 2020). A questa dinamica si aggiunge l’esplosione dell’intelligenza artificiale e dei data center, che potrebbero spingere la domanda di minerali chiave di un ulteriore 10% entro la fine del decennio.

Un nodo geopolitico e industriale

Secondo lo studio, le MPC abilitano in Europa circa 3,9 trilioni di Euro di produzione industriale, pari al 22% del PIL dell’Unione Europea. L’Italia emerge come il Paese più esposto tra le cinque principali economie europee: il 31% del PIL nazionale, pari a 675 miliardi di euro, dipende da tecnologie e processi produttivi che incorporano queste materie.

Un’eventuale interruzione delle forniture di terre rare e titanio - materiali essenziali per aerospazio, dispositivi elettromedicali, componentistica automotive e magneti permanenti - metterebbe a rischio fino a 700 miliardi di euro di produzione industriale europea e per l’Italia, 88 miliardi di euro.

 

A livello normativo, il Critical Raw Materials Act ha fissato obiettivi ambiziosi per il 2030: estrarre almeno il 10% del fabbisogno europeo, raffinarne il 40%, coprirne il 25% attraverso il riciclo e ridurre la dipendenza da singoli Paesi al di sotto del 65%. Tuttavia, i 47 progetti strategici riconosciuti in UE coprono solo il 35% dei target di estrazione, il 12% del processing e il 24% del riciclo. Secondo lo studio, l’Europa dovrà quindi agire simultaneamente su tre assi: rafforzare le partnership internazionali, sviluppare capacità industriali lungo tutta la supply chain e valorizzare le materie prime seconde tramite l’economia circolare.

presenetazione rapporto ecomondo

Il ruolo strategico del Piano Mattei

In questa prospettiva, il Piano Mattei - avviato dal governo italiano nel 2023 con una dotazione di 5,5 miliardi di euro - rappresenta per l’Italia una leva geopolitica per consolidare nuove alleanze nel Mediterraneo e in Africa.

Il rapporto segnala, però, che al momento nessun progetto riguarda l’economia circolare o il riciclo dei RAEE (rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche), nonostante il potenziale del Nord Africa: 1,5 milioni di tonnellate di RAEE all’anno, pari all’83% dei volumi italiani, con un contenuto di MPC stimato in 2,5 miliardi di euro.

Sfruttare questo potenziale significherebbe non solo ridurre la dipendenza da materie prime vergini, ma anche evitare l’estrazione di oltre 88 milioni di tonnellate di minerali grezzi e risparmiare 5,1 milioni di tonnellate di CO₂ equivalenti, ossia l’equivalente delle emissioni annuali di 2,5 milioni di automobili.

“Il percorso verso l’autosufficienza resta complesso: l’Italia non dispone di riserve minerarie significative per l’estrazione di materie prime critiche e la filiera del processing e della raffinazione richiede economie di scala difficili da sviluppare in un contesto nazionale - ha dichiarato Luca Dal Fabbro, presidente del Gruppo Iren - “Oggi l’Unione Europea importa 4,7 miliardi di Euro di titanio e 1,4 miliardi di Euro di terre rare e dipende in misura significativa da un numero ristretto di Paesi fornitori. Una interruzione delle forniture metterebbe a rischio fino a 700 miliardi di Euro di produzione industriale europea. Per l’Italia, l’esposizione potenziale associata al blocco di queste MPC è stimata fino a 88 miliardi di euro. Per questo motivo le maggiori opportunità future si concentrano su due leve prioritarie e sinergiche. La prima è il rafforzamento delle partnership internazionali, seguendo l’esempio di Cina e Stati Uniti, per garantire l’approvvigionamento di materie prime vergini e sviluppare relazioni strategiche attraverso il Piano Mattei, orientato alla cooperazione industriale con i Paesi africani. La seconda leva è l’investimento nell’economia circolare dei RAEE, volto ad aumentare i volumi raccolti, incrementare la capacità e la diffusione degli impianti di riciclo e favorire anche l’import di materie prime seconde da partner europei e mediterranei”.

luca dal fabbro durante la presentazione del rapporto a ecomondo

L’urban mining come leva industriale

L’ultima sezione del Rapporto analizza il potenziale dell’urban mining, il processo che ricava nuova materia dai rifiuti elettronici, rifiuti solidi urbani e altri prodotti di scarto. L'obiettivo principale è ridurre la dipendenza dalle risorse naturali e contribuire alla gestione sostenibile dei rifiuti. In particolare, lo studio lancia un allarme: la nuova “tassa RAEE” proposta dalla Commissione Europea potrebbe costare all’Italia 2,6 miliardi di Euro l’anno, a causa dell’attuale tasso di raccolta dei rifiuti elettronici (solo il 30%, contro il target europeo del 65%). Una penalità che, secondo gli esperti, rappresenterebbe “un costo del non fare”.

Gli stessi 2,6 miliardi di Euro, se investiti nel rafforzamento della filiera nazionale del riciclo, permetterebbero di coprire fino al 66% del fabbisogno italiano di MPC e valorizzare 1,7 miliardi di Euro all’anno di materiali recuperati.

“La nuova ‘tassa RAEE’ rischia di trasformarsi in un costo del non fare per l’Italia, ma lo stesso ammontare – 2,6 miliardi di Euro – investito lungo la filiera nazionale del riciclo potrebbe coprire fino al 66% del fabbisogno italiano di Materie Prime Critiche e valorizzare ogni anno 1,7 miliardi di Euro di materiali oggi dispersi - ha dichiarato Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di The European House - Ambrosetti e del TEHA Group - In un contesto di crescente concentrazione delle supply chain globali e di domanda di minerali strategici in forte aumento, l’economia circolare rappresenta per l’Italia non solo una leva di sostenibilità, ma una scelta industriale strategica per rafforzare la competitività e la sicurezza economica del Paese.”

 

Dalla cooperazione internazionale del Piano Mattei alle opportunità offerte dall’urban mining, il percorso verso la sicurezza delle materie prime critiche passa per un doppio investimento: nelle alleanze strategiche esterne e nella capacità industriale interna.

In entrambi i casi, l’Italia può giocare un ruolo decisivo nella costruzione di filiere più autonome, resilienti e sostenibili, capaci di ridurre la dipendenza da Paesi terzi e generare valore economico nel rispetto degli obiettivi ambientali europei. Come emerge dal Rapporto, la sfida non è più soltanto quella di assicurarsi le risorse necessarie alla transizione, ma di trasformare il vincolo della dipendenza in un motore di innovazione, cooperazione e competitività nazionale.

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