Nel pieno della transizione energetica, le materie prime critiche (MPC) sono diventate la nuova frontiera della competitività industriale. Le materie prime critiche sono fondamentali: utilissime per la transizione ecologica e necessarie per l’innovazione tecnologica. Elementi come litio, rame, cobalto e grafite costituiscono la base tecnologica della transizione verde e digitale, alimentando filiere strategiche come la mobilità elettrica, le energie rinnovabili e l’intelligenza artificiale. La lista aggiornata della Commissione europea conta 34 materie prime critiche, a fronte delle 14 della prima lista del 2011. Ma la loro disponibilità è sempre più concentrata nelle mani di pochi Paesi, esponendo l’Europa a una dipendenza strutturale che mette a rischio sicurezza, sviluppo e competitività industriale.
Il problema principale riguarda l’approvvigionamento: la Cina fornisce il 56% di tutte le materie prime critiche importate dall’Unione Europea.
È in questo scenario che si inserisce il Rapporto Strategico “La geopolitica delle Materie Prime Critiche: le opportunità del Piano Mattei e dell’urban mining per la competitività industriale in Italia”, presentato da Iren presso la fiera Ecomondo di Rimini e realizzato da TEHA Group.
Il documento fotografa un panorama globale dominato da una domanda in crescita (+11% dal 2021 e +34% previsto entro il 2030) e da catene di approvvigionamento sempre più concentrate: i tre principali Paesi raffinatori detengono oggi l’86% del mercato mondiale (contro l’82% nel 2020). A questa dinamica si aggiunge l’esplosione dell’intelligenza artificiale e dei data center, che potrebbero spingere la domanda di minerali chiave di un ulteriore 10% entro la fine del decennio.