Green

Plastic free, a che punto siamo in Italia

29 giugno 2023

L’Unione europea ricicla solo il 32,5% di plastica e, anche in Italia, le evidenze parlano chiaro: il criterio Plastic Free è applicato al 92% nei capoluoghi e al 49% nei comuni (dati VI rapporto “I numeri del Green Public Procurement in Italia”).

 

Dagli anni Sessanta ad oggi la produzione di plastica è aumentata e continua a essere in costante crescita. Ridurre l’impatto ambientale della produzione e del consumo di plastica rientra nell’impegno dell’Unione europea che, in relazione all’industria della plastica, prevede delle azioni concrete nella realizzazione di imballaggi che durino più a lungo e siano riutilizzabili e riciclabili, così da arrivare entro il 2030 alla piena riciclabilità di tutti gli imballaggi nell’Unione. Per raggiungere l’obiettivo comunitario è necessario l’impegno di ogni singolo paese: ecco a che punto siamo in Italia.

pale eoliche

Plastic free, un processo in divenire: la situazione in Italia

Secondo alcuni dati raccolti dal WWF, l’Italia produce circa 4 milioni di tonnellate di rifiuti, di cui l’80% deriva dagli imballaggi. Per far fronte a queste evidenze, il 14 gennaio 2022 le norme contro la plastica monouso sono entrate ufficialmente in vigore anche in Italia - recependo la direttiva SUP (single use plastics) 2019/904 della Comunità europea – e vietando la vendita di posate, piatti, cannucce e altri prodotti in plastica anche “oxo-degradabile” (materiale in grado di decomporsi in presenza di ossigeno). 

Tuttavia il decreto italiano si discosta dal testo europeo riguardo l’esenzione dall’ambito di applicazione di due tipologie di prodotti: da una parte quelli che hanno rivestimenti in materiale plastico in quantità inferiore al 10% del peso dell’articolo (come i bicchieri di carta con una piccola quota di plastica). Dall’altra parte sono esentati gli articoli in plastica compostabile realizzati con almeno il 40% di materia prima rinnovabile (che salirà al 60% dal primo gennaio 2024). 

 

Oltre all’ambito legislativo, per fare realmente la differenza verso un futuro plastic free, è necessario allargare l’approccio all’intera filiera produttiva. In questa direzione si muove il GPP (Green Public Procurement), ovvero uno strumento di politica ambientale che, introducendo negli acquisti pubblici specifici criteri relativi alla percentuale di plastica riciclata dei prodotti o degli imballaggi, punta a ridurre l’impatto ambientale del mercato per raggiungere gli obiettivi delle principali strategie europee attraverso l’uso efficiente delle risorse e l’economia circolare.

 

Plastica, cosa emerge dall’analisi del GPP

Le autorità pubbliche che intraprendono azioni di Gpp si impegnano sia a razionalizzare acquisti e consumi che a incrementare la qualità ambientale delle proprie forniture. In Italia è stato introdotto dal 2008 con il Piano d’azione nazionale GPP che ha previsto l’adozione, con successivi decreti ministeriali, dei Criteri Ambientali Minimi (CAM) per ogni categoria di prodotti, servizi e lavori acquistati o affidati dalla pubblica amministrazione.  Dal GPP, oltre alla riduzione degli impatti ambientali, possono derivare altri aspetti positivi come una migliore competitività tra le imprese che sia da stimolo per l’innovazione, la diffusione di modelli di consumo e di acquisto sostenibili e la riduzione dei rifiuti prodotti.

 

Il Gpp è il tema centrale del VI rapporto “I numeri del Green Public Procurement in Italia”, curato dall’Osservatorio Appalti Verdi di Legambiente e Fondazione Ecosistemi: come si legge dai dati, il criterio plastic free -  una delle dimensioni in cui il Gpp si articola - è applicato al 92% nei capoluoghi. Nei comuni, invece, la percentuale si abbassa al 49%.

 

Per colmare il gap, è importante considerare i benefici dell’applicazione del Gpp e incoraggiarne l’adozione verso un domani a basso impatto ambientale: ponendo i criteri ambientali come parametri di valutazione principale, infatti, il Gpp consentirebbe anche in Italia di avvicinarsi all’obiettivo comune indicato dalle Nazioni Unite. Ovvero realizzare un'economia circolare sostenibile, rispettosa dell'uomo e dell'ambiente, riducendo l'inquinamento da plastica dell'80% entro il 2040. Ciò, affermano le Nazioni Unite, è realizzabile a patto che i Paesi e i relativi mercati utilizzino le tecnologie esistenti per apportare cambiamenti significativi alle politiche e al mercato. 

 

Le potenzialità circolari della plastica

L’economia circolare è la chiave di volta per invertire la rotta della produzione sovradimensionata di plastica.

 

Le plastiche miste, ad esempio, sono generalmente escluse dai tradizionali circuiti di riciclo ma celano della potenzialità nascoste che l’approccio circolare può valorizzare: è quello che accade nell’impianto I.Blu del Gruppo Iren a San Giorgio di Nogaro, dove le plastiche che non si possono riciclare vengono convertite nel polimero Bluair® grazie a specifici processi di lavorazione innovativi.

 

Si tratta di  una materia prima seconda circolare brevettata che può essere utilizzata in sostituzione del carbone nel settore siderurgico, favorendo il processo di decarbonizzazione. Inoltre il polimero consente l’abbattimento delle emissioni di CO2 di oltre il 30%, con la conseguente riduzione degli ETS (certificati di emissione) e il miglioramento della qualità delle emissioni del processo siderurgico. Un processo virtuoso da più punti di vista, capace di ridurre l’impatto ambientale della plastica e trasformarla in nuova risorsa.

 

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