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Che cos’è la just transition e come diventa parte integrante di un'azienda

19 dicembre 2022

Far fronte al cambiamento climatico e accelerare il processo di transizione ecologica sono gli obiettivi prioritari sanciti dall’Unione Europea per raggiungere entro il 2050 la neutralità climatica. Per rispettare la road map stabilita in modo equo, vige un imperativo preciso a cui affidarsi: nessuno deve rimanere indietro.

 

Muoversi verso un’economia a emissioni zero in modo giusto e inclusivo, guidando il processo secondo specifici parametri che evitino il rischio di creare nuove diseguaglianze: sono questa le fondamenta su cui si sviluppa la just transition. Di cosa si tratta? Di un nuovo strumento finanziario sancito nel quadro della politica di coesione che mira a fornire sostegno ai territori che devono far fronte a gravi sfide socio-economiche derivanti dalla transizione verso la neutralità climatica.

 

Proprio su di loro, infatti, l’impatto della decarbonizzazione potrebbe essere più pesante e per questo occorre sostenerle attraverso una lenta e progressiva riduzione dei combustibili fossili e un passaggio adeguato verso le fonti di energia rinnovabili: in questo modo tutti i paesi potranno beneficiare dei vantaggi dello sviluppo sostenibile.

 

Che cos’è e cosa prevede la just transition

Nell’ambito dell’European Green Deal, il piano ambientale per raggiungere la neutralità climatica, l’Unione Europea ha attuato un programma specificatamente dedicato alla just transition. È stato instituito, infatti, un fondo di 150 miliardi di euro da utilizzare entro il 2027 proprio per organizzare la transizione energetica in modo bilanciato.

 

Lo scopo principale è quello di arrivare ad un’economia verde globale ed egualitaria, sostenendo mediante sovvenzioni i settori che sono ritenuti maggiormente sensibili ed esposti alle conseguenze della transizione verso la neutralità climatica, anche a causa della loro connessione e dipendenza dai combustibili fossili.

L’Unione europea è dunque consapevole del fatto che ci sarà una prima fase molto difficile e penalizzante per diversi settori ma, grazie al supporto economico stanziato, nel giro di pochi anni riusciranno a rimettersi in carreggiata: si conta che entro il 2030 la redistribuzione della ricchezza sarà più bilanciata, potendo contare sul valore aggiunto della transizione energetica che si aggirerà tra i 47 e gli 80 miliardi di euro.

 

L’accesso al Fondo è assicurato mediante la definizione, da parte degli Stati membri, dei cosiddetti Piani territoriali per una transizione giusta all’interno dei quali devono essere previste tutte le tipologie di intervento necessarie ad affrontare le sfide per la transizione nel breve e nel lungo periodo di un determinato territorio, con un orizzonte temporale al 2030 e con una particolare attenzione alle misure di diversificazione e modernizzazione economica dei territori di interesse.

 

I principali settori di investimento sono quelli in grado di incidere maggiormente sulla trasformazione dei territori e sulla loro competitività e sostenibilità sociale, economica e ambientale nel medio-lungo periodo. Fra questi: le tecnologie per l’energia pulita, la riduzione delle emissioni, il recupero dei siti industriali, la riqualificazione dei lavoratori.

 

Accelerare la just transition, tra le 12 sfide lanciate da Iren per il 2023

Agevolare il processo di just transition è tra le sfide lanciate dal Gruppo Iren per il 2023 nel corso dell’evento “ESG Challenge Iren 2022”: un’occasione di confronto e dialogo incentrato sul tema dello sviluppo sostenibile che ha permesso di portare all’attenzione, attraverso una serie di panel, tematiche prioritarie legate all’ambiente, al sociale e ai processi di governance.

 

“La just transition è lo strumento attraverso cui implementare lo sviluppo sostenibile, necessario su tanti fronti, che in Europa ha il Green Deal come riferimento” – ha precisato nel corso del panel Marco Frey, Presidente della Fondazione Global Compact Italia “un processo trasformativo da accompagnare in tutte le sue dimensioni e tenendo conto anche dell’aspetto sociale: questo vuol dire creare le condizioni per cui - se da un lato si spinge verso la rivoluzione radicale dal punto di vista delle soluzioni possibili -  dall’altra parte bisogna preoccuparsi di coloro che sono legati alle fonti fossili dal punto di vista lavorativo. Occorre quindi creare le condizioni per accompagnare la trasformazione, garantendo nuove opportunità occupazionali”.

 

Quando si parla di just transition, come evidenziato da Frey, si guarda anche a come risolvere il problema endemico dell’attuale modello di sviluppo: il forte divario tra “chi sta meglio e chi peggio in diverse parti del mondo”. La California, sottolinea il Presidente della Fondazione Global Compact Italia, ne è un esempio lampante: “è qui che troviamo da un lato una delle zone più ricche del mondo e dall’altro la presenza di persone che vivono ai margini della società”.

Tutte queste cose l’Europa sta cercando di affrontarle dentro il modello sociale europeo che da un lato guarda al modello della transizione e della sostenibilità come modo per vivere meglio sul pianeta e dall’altro al benessere delle persone come modello strettamente integrato all’interno di questo percorso.

Marco Frey, Presidente della Fondazione Global Compact Italia

Ecco perché oggi c’è bisogno di porre la sostenibilità al centro dei modelli di sviluppo: non come un semplice accessorio parallelo alla quotidianità e al business, ma parte integrante della vita e delle scelte aziendali. Questa la direzione indicata da Selina Xerra, Direttore CSR e Comitati Territoriali Iren, per cui “la sostenibilità è un modo per gestire il business in tutte le sue dimensioni: economica, ambientale e sociale”. 

 

 

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