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Transizione ecologica: come affrontare la sindrome Nimby

23 maggio 2022

TRANSIZIONE ECOLOGICA: COME AFFRONTARE LA SINDROME NIMBY

La cosa che più spaventa è quella che non si conosce: questo assioma è quantomai vero, specialmente nel caso si vogliano realizzare impianti industriali anche se di utilità pubblica, come quelli per l'utilizzo di fonti rinnovabili o di trattamento rifiuti o di produzione di biometano che sarebbero invece indispensabili per sostituire produzione di energia da fonti fossili o chiudere in maniera razionale, efficiente e sicura il ciclo dei rifiuti che parte dalla raccolta differenziata.

 

La transizione verso un’economia e una società free-carbon ha una caratteristica peculiare che, in una parola, si può riassumere nella "diffusione" sul territorio. Non si tratta più di realizzare impianti che facevano della compattezza un punto di forza in virtù della fonte energetica utilizzata (carbone, petrolio, metano) nella quale le ere geologiche avevano concentrato una enorme quantità di energia chimica pronta da utilizzare. La transizione energetica in atto, accelerata dal recente conflitto ucraino, richiede molta più diffusione sul territorio: si pensi all'energia solare, che necessita di ampie estensioni ove alloggiare i pannelli, a quella eolica che richiede campi dedicati, a quella derivata dall'utilizzo dei rifiuti (biometano, digestori, termovalorizzatori) che richiede un sistema impiantistico complesso ed esteso integrato da una rete di raccolta porta a porta dedicata sul territorio. Fare tanti impianti significa spesso scontrarsi con le popolazioni e con gli amministratori locali che, molto spesso, al NIMBY associano un inconfessabile NIMTO (not in my terms of office - non durante il mio mandato), molto spesso sostenute da comitati locali pronti a cavalcare l'onda del momento per altrettanto inconfessabili ambizioni elettorali.

 

Per quanto riguarda, ad esempio, i rifiuti se davvero si vuole perseguire l’obiettivo di far tornare a nuova vita ciò che viene raccolto in maniera differenziata servono gli impianti, non è sufficiente avere introdotto il porta a porta o avere raggiunto percentuali da primato se non si assicura uno sbocco agli sforzi dei cittadini. Se, ad esempio, si raccoglie il rifiuto organico, che rappresenta il 40% circa del rifiuto domestico, vanno anche fatti gli impianti per la digestione di quel rifiuto per produrre biometano da mettere in rete in sostituzione di quello fossile e compost di qualità che possa essere utilizzato in agricoltura in sostituzione di una parte dei fertilizzanti che il conflitto ucraino ha contribuito a rendere introvabili sul mercato. Ma questo richiede infrastrutture, una rete di raccolta a monte ed una a valle per lo sbocco dei prodotti che derivano dal trattamento. Quando si smaltivano i rifiuti in discarica, questo, non accadeva: si scavava una buca e si seppellivano.

 

La soluzione del problema passa innanzitutto attraverso l'educazione ambientale delle giovani generazioni, che devono essere messe in condizione di sapere distinguere quelli che sono i comportamenti ambientalmente scorretti da posizioni oltranziste che, invece, conducono solo ad una immotivata paralisi delle soluzioni tecniche che esistono per dar corso al cambiamento.

 

L'esperienza di IREN, in questo campo, è oramai consolidata nel tempo e affonda le radici nelle aziende municipalizzate fondatrici della multiutility che, già negli anni '70 del secolo scorso, promuovevano incontri con gli studenti per formare quelli che, negli anni successivi, sarebbero divenuti cittadini. Quel germe di consapevolezza ambientale si può dire abbia dato i suoi frutti se ora Edu-IREN, il settore Educational della multiutility (www.eduiren.it) vanta oggi un invidiabile catalogo di offerte formative e didattiche gratuite distinte per tematica, area territoriale e tipologia, comunque attive anche durante la pandemia con lezioni a distanza e laboratori virtuali. E migliaia di studenti agli impianti del gruppo, accompagnati dagli insegnanti e dai tecnici aziendali, per sviluppare quella maturità ambientale che li porterà, da adulti, ad assumere posizioni consapevoli su temi che l'emergenza ambientale in atto li costringerà ad affrontare.

 

Il rapporto con il territorio è l'altra sponda sulla quale si è, da sempre, basata l'azione di IREN nel sottoporre alle popolazioni la tematica della convivenza con gli impianti da realizzare. In questo campo, i momenti di frizione non sono mancati, ma sono stati da sempre affrontati e superati innanzitutto con la trasparenza sui dati del progetto, sull'esperienza di impianti simili su realtà analoghe, sulla testimonianza di esperti a livello nazionale ed europeo e sull'ascolto delle istanze del territorio, tenendo comunque sempre aperta la porta al dialogo. Il che non è mai significato mettere in dubbio la bontà della progettazione tecnica, di cui l'azienda è sempre stata all'avanguardia, bensì cogliere i suggerimenti positivi che potevano arrivare dalle comunità locali. In questi casi è stato determinante rappresentare l'esperienza maturata su impianti nazionali ed esteri e l'affidabilità della tecnologia adottata; se l’area geografica di localizzazione fosse interessata da altri impianti e altre fonti di stress ambientale. E considerare se la popolazione residente nell’area fosse stata sottoposta nel tempo ad altri impatti ambientali e sanitari.

 

Realizzare nuovi impianti non è sempre facile, specialmente ove si incrocino competenze sovrapposte di più enti ed amministrazioni, magari sulle prime favorevoli al progetto e poi contrarie, pronte a cavalcare l'onda della sindrome NIMBY. In questi casi, come è capitato, occorre anche essere disposti ad affrontare lunghi contenziosi legali, sempre tuttavia risoltisi in passato a favore dell'azienda. In ogni caso è sempre determinante la bontà della progettazione originaria, la chiarezza sui costi dell'investimento, la trasparenza delle operazioni per l'affidamento dei lavori, la direzione dei lavori medesimi che deve rimanere saldamente in capo del committente, il dialogo costante con le amministrazioni pubbliche, la costante apertura verso il territorio che ospita l'impianto. Gli impianti che IREN ha realizzato nel tempo, e quelli che sono tuttora in costruzione, ne costituiscono la prova. 

 

Per saperne di più www.gruppoiren.it